Posizione, Prestazione, Potenziale: perché le 3P sono uno strumento strategico per leggere meglio le persone in azienda

Molte aziende valutano le persone guardando solo ai risultati dell’ultimo trimestre. Funziona per decidere premi e obiettivi, ma non basta per assumere bene, far crescere i team, pianificare le carriere. Le 3P — Posizione, Prestazione, Potenziale — risolvono questo limite: offrono tre lenti complementari per leggere i ruoli, misurare il contributo e orientare gli investimenti sulle persone.

Posizione: cosa serve davvero in quel ruolo
La “P” di Posizione definisce requisiti chiari prima di guardare i CV o i risultati. Significa descrivere il ruolo con precisione, distinguere competenze imprescindibili da competenze utili, collegare attività e responsabilità a indicatori misurabili. Da qui nasce una scheda ruolo che evita fraintendimenti, allinea HR e linea, rende coerenti selezione, onboarding e valutazioni.
Esempio. Un’azienda customer-centric rivede il profilo “Account”. Non basta saper presentare un’offerta: servono ascolto attivo, gestione del portafoglio, uso del CRM per pipeline e forecast. Con la Posizione definita meglio, diminuiscono le assunzioni sbagliate e l’onboarding diventa mirato.

Prestazione: risultati, comportamenti, impatto
La Prestazione riguarda ciò che una persona realizza nel ruolo, in un arco di tempo preciso. Non si limita ai numeri: considera la qualità del lavoro, le priorità rispettate, il contributo al team. Funziona quando gli obiettivi sono pochi e chiari, quando la misurazione è costante, quando il feedback non si limita al “bravo” di fine anno.
Esempio. In produzione, il responsabile collega tre indicatori alla scheda ruolo: scarti, puntualità di consegna, collaborazione interfunzionale sui fermi macchina. Le review trimestrali mettono in luce progressi e ostacoli; le azioni correttive entrano nel piano del mese successivo, non restano buone intenzioni.

Potenziale: dove può arrivare questa persona
Il Potenziale guarda al futuro in modo concreto. Non è un’impressione simpatia-dipendente. Richiede criteri espliciti: velocità di apprendimento, iniziativa, capacità di influenzare, autonomia nella gestione di problemi nuovi. Serve anche una “prova” sul campo: incarichi progetto, sostituzioni temporanee, job rotation breve. Così l’azienda decide con più lucidità su piani di crescita, percorsi verticali o orizzontali, successioni.
Esempio. Una specialista amministrativa guida per due mesi l’introduzione di un nuovo gestionale: coinvolge colleghi, risolve attriti, rispetta tempi. I segnali di potenziale ci sono; si costruisce un percorso verso un ruolo di coordinamento, con obiettivi e tappe chiare.

Cosa succede quando le 3P lavorano insieme
Quando Posizione, Prestazione e Potenziale si parlano, tutto diventa più coerente. La selezione filtra meglio; l’onboarding colma i gap giusti; la formazione smette di essere generica; la revisione salariale si appoggia a criteri trasparenti; le carriere seguono strade reali; i piani di successione non nascono all’ultimo minuto. Si riduce il turnover “patologico”, cresce l’engagement, migliora la produttività perché il contesto smette di chiedere a caso e inizia a chiedere nel modo giusto.
Come impostare il processo in modo solidoServe una cadenza semplice e costante. La Posizione si aggiorna quando cambia il business o la tecnologia, non una volta ogni cinque anni. La Prestazione si rivede con check-in brevi e frequenti, non solo a dicembre. Il Potenziale si osserva due volte l’anno, con evidenze di progetto e confronto tra manager. Numeri e conversazioni devono stare insieme: report essenziali, colloqui strutturati, decisioni tracciate.
Tre errori da evitare: valutare tutti con lo stesso metro anche se i ruoli sono diversi; confondere “persona brillante” con “persona pronta per guidare altri”; usare il Potenziale per promettere e la Prestazione per negare. La credibilità del sistema dipende dalla coerenza tra ciò che l’azienda chiede, misura e riconosce.

Il contributo di M42 con il Metodo HR 360°
Nel nostro lavoro con le PMI partiamo da una diagnosi chiara: mappiamo i ruoli, traduciamo la strategia in obiettivi di prestazione, costruiamo criteri di potenziale che hanno senso per quella cultura e quel mercato. Disegniamo strumenti leggeri: schede ruolo che si leggono in cinque minuti, set di KPI per funzione, griglie di osservazione del potenziale con esempi concreti. Affianchiamo i manager nei colloqui e attiviamo un monitoraggio costante, così le 3P non restano “progetto HR”, ma entrano nella gestione quotidiana.

Domande utili per partire subito
I ruoli chiave hanno descrizioni aggiornate e comprensibili a chi li svolge; gli obiettivi di prestazione sono pochi, misurabili e alla portata degli strumenti disponibili; il potenziale si valuta con evidenze e incarichi di prova, non con percezioni; esiste un legame trasparente tra 3P, retribuzione e piani di sviluppo. Se la risposta vacilla, è il momento di mettere ordine.
Le 3P non sono un’etichetta alla moda. Sono un modo operativo per prendere decisioni migliori sulle persone e, di conseguenza, sul business. Quando le applichi con rigore e semplicità, smetti di “gestire emergenze” e inizi a costruire capacità organizzativa. È lì che l’HR smette di essere un costo e diventa davvero una leva.

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